Moda circolare e democratica

Articolo di martedì 20 febbraio 2024
Protagonisti
Moda circolare: stile, ambiente e convenienza
Autrice
Laura Bajardelli
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Nella capitale della moda, vintage e preloved spopolano. Rapida espansione dell’abbigliamento usato nel nome di stile, ambiente e convenienza

La pubblicità in televisione e sui social media è martellante, impossibile non aver notato che c’è un fenomeno, o un’abitudine nuova, che sta prendendo piede. O forse sta solo cambiando pelle rispetto al passato. Mi riferisco al commercio di seconda mano, dell’usato o, utilizzando sinonimi più ricercati, “pre-loved”, ossia “già amato”, ‘pre-owned’, ovvero che ha già avuto un proprietario, o “re-commerce”, ossia il recupero e la rimessa in commercio.
Il fiorire di nuove espressioni più sofisticate e carezzevoli testimonia un cambiamento non solo della comunicazione e delle strategie di marketing ma soprattutto di motivazione e percezione. Questo nuovo linguaggio è fondamentale per ridurre il pregiudizio sull’usato e per aumentare il valore percepito di questa scelta, la qualità e il valore intrinseco degli oggetti, che appaiono di maggior pregio. Tanto da diventare un comportamento di acquisto che può persino essere orgogliosamente esibito. Il termine vintage è entrato a far parte del nostro vocabolario dagli anni Sessanta, attingendo dal francese e identificando oggetti ricercati, prodotti almeno 20 anni prima e di elevata qualità dei materiali e della lavorazione. Spesso oggi lo si usa estensivamente per tutto ciò che non è nuovo.

Cosa si acquista/vende in Italia? Dalle automobili all’elettronica, dall’abbigliamento agli accessori di moda, dai libri ai complementi d’arredo. Insomma, di tutto! E il fenomeno ha raggiunto ovunque numeri inimmaginabili ed è in continua espansione: si stima che quasi 23 milioni di italiani hanno scelto questa forma di acquisto. Per molti è un’occasione per accedere al mercato del lusso, moda e design finalmente accessibili, l’esclusività non è più solo negli articoli appena usciti ma si estende al gusto e alla capacità di scegliere un proprio stile. La Generazione Z, ossia i nati tra il 1995 e il 2010, sono protagonisti di questo fenomeno: appassionati e nostalgici degli anni Ottanta e Novanta, più spensierati e ricchi di possibilità rispetto ad oggi, ma anche più sensibili all’ambiente e, come i giovani di ogni epoca, con disponibilità economiche limitate. E anche lo spazio è una variabile da non trascurare: nelle grandi città le case sono più piccole e il turn over degli armadi diventa indispensabile. E sono anche grandi fruitori di tecnologia: non è un caso che la compra-vendita avvenga soprattutto online tramite piattaforme di e-commerce specializzate per prodotto o per segmento mercato, e con la possibilità di servizi aggiuntivi come la certificazione dell’autenticità dei marchi. E per chi preferisce i luoghi fisici e toccare con mano? Ce n'è per tutti i gusti. Per esempio, lo scorso settembre a Milano c’è stato un evento di grandissimo successo: “All You Can Wear- la tua scorpacciata di shopping sostenibile”. Promosso dalla Cooperativa “Di mano in mano”, i partecipanti sono stati così numerosi che fuori dal negozio si era formata una fila lunghissima di persone. Tutti lì per acquistare una borsa da riempire del maggior numero di capi d’abbigliamento vintage o di seconda mano. Ciliegina sulla torta, la borsa è stata confezionata utilizzando tessuto vintage o di fine serie. Sempre a Milano, vengono organizzati degli scintillanti “Cloth Swap Party”, ossia incontri modaioli dedicati al baratto di abiti. E non si può dimenticare la Fiera di Sinigallia, storico mercatino delle pulci, l’antiquariato del Mercatino dei Navigli o le rarità per collezionisti della Mostra Mercato di Piazza Diaz. Si moltiplicano anche i mercanti per un giorno che si affiancano ai mercatini tradizionali per la vendita o lo scambio di abbigliamento e oggetti di seconda mano o anche di antiquariato.
E come uno specchio delle nuove preferenze dei consumatori, è in crescita il numero di imprese specializzate: se in Italia se ne contano oltre 1200, la parte del leone la fa Milano (d’altronde parliamo è moda!) con oltre metà delle duecento lombarde. E secondo le numerose ricerche specializzate, il fenomeno è destinato a crescere, soprattutto per le imprese che puntano su allure e stile. Il linguaggio nuovo e ricercato, pubblicità patinate e messaggi arguti che enfatizzano uno stile unico, non omologato, sono stati e sono fondamentali per rendere il mercato del second hand più attrattivo. Da un lato, si riduce il pregiudizio, dall’altro aumenta il valore percepito di questa scelta e il valore intrinseco degli oggetti, che appaiono di maggior pregio. Tanto da diventare un comportamento di acquisto che può persino essere orgogliosamente esibito.